È stata somministrata ieri la prima dose del nuovo farmaco a base di anticorpi monoclonali ad un paziente affetto da Sars Cov2 ricoverato in Day Hospital presso il reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Albenga, diretto dal dott. Giovanni Riccio.
“Grazie alla collaborazione, come sempre fattiva ed efficace, tra gli infettivologi di ASL 2, è stato possibile aprire un nuovo fronte nella guerra che ci vede impegnati assieme, da oltre un anno, a contrastare l’epidemia da COVID-19. Il primo paziente, un giovane trapiantato, ha ben tollerato il trattamento (che d’altronde presenta minimi rischi di intolleranza o effetti avversi) – riferisce il dott. Riccio – È un momento grandemente simbolico perché l’impiego di questi nuovi farmaci, che andrà certamente aumentando nei prossimi giorni, rappresenta una ulteriore possibilità di cura per i pazienti più a rischio e può notevolmente contribuire a ridurre la pressione, in questi giorni fortissima, su tutti i reparti Covid della nostra Provincia”.
In Liguria sono quattro i centri individuati per il trattamento a base di anticorpi monoclonali per pazienti affetti da covid-19 con sintomatologia medio-lieve. Gli Hub sono stati individuati negli Ospedali di Sanremo, Savona/Albenga, La Spezia e San Martino a Genova. Ad oggi sono state consegnate 26 dosi di farmaco alla nostra Azienda, a cui farà seguito a breve un ulteriore consegna di circa 40 fiale.
“Sono orgoglioso – afferma il presidente della Regione Liguria e assessore alla Sanità Giovanni Toti – che anche la Asl2 abbia iniziato ad utilizzare gli anticorpi monoclonali. La Liguria è stata la prima regione ad avviare presso il nostro hub regionale, l’Ospedale Policlinico San Martino, la sperimentazione con questo trattamento nei pazienti positivi al Covid, stilando un protocollo operativo accurato e definito per i soggetti idonei a ricevere questa cura. In questo modo abbiamo garantito il miglior utilizzo possibile di questo trattamento in tutta la Liguria, moltiplicandole ‘armi’ a nostra disposizione nella lotta al Covid-19. Secondo gli studi, infatti, gli anticorpi monoclonali possono abbassare del 70% le ospedalizzazioni e del 70% i decessi”.
“Tempestività e valutazione sono alla base dell'utilizzo di questo farmaco, ma solo a determinate condizioni. – riferisce il dott. Marco Anselmo, direttore della struttura Malattie Infettive del Presidio ospedaliero San Paolo di Savona che rappresenta il punto di riferimento regionale in ASL2 per la selezione dei pazienti da sottoporre a terapia di anticorpi monoclonali – Parliamo di un’opzione terapeutica per pazienti non ospedalizzati che, pur avendo una malattia lieve/moderata, risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave con conseguente aumento delle probabilità di ospedalizzazione”
Il protocollo operativo definito a livello regionale garantisce il coinvolgimento dei Medici di famiglia e delle squadre GSAT nella scelta dei pazienti per la prescrizione e la somministrazione del farmaco che avviene in regime di day hospital. Le indicazioni infatti prevedono che il trattamento con anticorpi monoclonali sia somministrato nell’ambito di una struttura ospedaliera al fine di garantire la massima sicurezza e una immediata gestione in caso di eventuali reazioni avverse.
Il profilo tipo a cui sono indirizzate le cure con gli anticorpi monoclonali è un paziente con tampone molecolare positivo, che presenta sintomi lievi-moderati, che non presenta criticità respiratorie e che non necessita di un ricovero in ospedale . Tuttavia ha caratteristiche cliniche tali per cui il suo rischio di evolvere verso una forma grave di Covid è considerato elevato: è il caso ad esempio di un paziente immunodepresso, o un paziente trapiantato.
Bamlanivimab e etesevimab sono potenti anticorpi monoclonali IgG1 che neutralizzano la proteina spike del virus SARS-CoV-2 bloccando il legame della proteina stessa ai recettori umani , prevenendo quindi il successivo ingresso del virus nelle cellule umane e di conseguenza la replicazione del virus, consentendo di accelerare i tempi di guarigione o comunque evitare l’aggravamento della situazione clinica del paziente.
“La nostra speranza è quella di poter ridurre il numero di ospedalizzazioni e di scongiurare l’evoluzione di un caso lieve in un paziente che sviluppi grave sintomatologia respiratoria arginando quindi subito l’infezione prima che il quadro generale peggiori – afferma il dott. Marco Anselmo – un altro traguardo della scienza per sconfiggere questa malattia”